Effetti globali della guerra russo-ucraina
Che ci fossero pesanti ripercussioni della guerra non solo sull’ Europa, ma anche sull’Africa, potevamo prevederlo e ne eravamo consapevoli, perché su quel territorio si sarebbe riversata con un impatto dirompente la carenza di risorse e di materie prime, che sta interessando in modo preoccupante il vecchio continente.
Uno dei Paesi in cui la situazione sta precipitando, è il Senegal, dove presto gli abitanti saranno costretti a rinunciare persino alla baguette, prezioso retaggio del colonialismo francese, a causa della mancanza di grano.
Quel 55% di frumento importato dai due Paesi belligeranti, Russia e Ucraina, non andrà a riassortire le scorte che stanno per esaurirsi e dato il ruolo preminente del pane nell’alimentazione quotidiana di un cittadino senegalese, le preoccupazioni e i rischi si fanno di giorno in giorno più gravi.
I segnali
Sui mercati del Senegal e nell’area circostante si erano già manifestati gli effetti negativi della pandemia Covid-19, con l’aumento del costo di una baguette, che calcolato in euro, era passato da circa 20 centesimi a 30 centesimi. Un aumento non significativo, diremmo noi, mentre si traduce in un peso economico notevole per una famiglia media senegalese, dove il salario in entrata è spesso quello percepito da un solo componente per sfamare più bocche.
I timori si accompagnano ora ad una nuova presa di coscienza, da parte dei panificatori e del Governo senegalese, circa gli svantaggi derivanti dall’essere assoggettati all’importazione di un cereale fondamentale nelle attività di piccoli rivenditori, che si sostentano vendendo nelle strade i loro panini variamente farciti, in cambio di qualche franco CFA.
La posta in gioco è la possibilità stessa di sopravvivere, a fronte di un’economia a basso reddito e di avversità climatiche consistenti.
La riscoperta del fonio
La soluzione non verrebbe solo dal miglio, di cui si implementerà la coltivazione, bensì da un antico cereale, il fonio, risalente al 5000 a. C., in passato riservato alle élite e alle feste religiose, poi trascurato e coltivato solo in alcune aree dell’Africa.
Se in Senegal si diffondesse tale coltura, potrebbe essere allentata la morsa di carestia e siccità, sfruttando la presenza del 2% delle acque del fiume omonimo e dei fiumi minori, dove si addensa la popolazione.
Il fonio è un cereale dalle notevoli proprietà nutritive, ricco di carboidrati, proteine, ferro, fibre, sali minerali e privo di glutine. Nel 2019 il WWF lo ha inserito tra i “50 Future Foods”, alimenti alternativi che contribuiranno al riequilibrio dell’ecosistema.
Le prospettive
Siamo nel Sahel, la zona di transizione fra le regioni aride del Sahara e quelle umide dell’Africa guineana, qui l’agricoltura occupa la maggior parte della popolazione attiva, tuttavia l’esigenza di importare grano dall’estero la rende particolarmente debole.
I dati che ci giungono dal Senegal, rilevano che si è verificato di recente un aumento del 38% della produzione di cereali rispetto al 2019/2020 e del 54% in relazione alla media degli ultimi cinque anni.
L’impulso ad ampliare la coltivazione di riso, miglio, mais, sorgo e a potenziare quella del fonio, in risposta alle carenze di frumento, potrebbe significare future occasioni d’impiego e di lavoro per i giovani e le donne, in una terra dalla persistente emigrazione.
Una possibilità di riscatto
L’impegno del Governo senegalese si dovrebbe allora concretizzare in una politica agricola centrata sulle filiere di trasformazione agro-alimentare, per interfacciarsi con le nuove sfide dell’economia globale, che mostra criticità preoccupanti per tutti.
Necessitano garanzie per il futuro di un Paese di oltre 18.000.000 abitanti e con un tasso di natalità elevato, su cui incombe la minaccia di carestia. In fondo, come ha riconosciuto Amadou Gay, Presidente della Federazione dei Panettieri del Senegal, “Continuare a mangiare baguette di stampo francese non fa bene né alla salute né all’economia”.
Così quella consapevolezza che ha spinto la popolazione a recuperare il fonio dagli albori della civiltà, significa anche affermare un’identità e prendere la distanza dai modelli alimentari dei colonizzatori, tra cui c’è proprio quel pane francese dalla forma allungata, chiamato baguette. ●ac
Fonti: “L’Extra Terrestre”, XIII, anno V; “Africa”, 04/01/2021; “Intervista al vicedirettore generale della FAO”, 02/04/2022